Macbeth

…inutile fuggire da qui..come restarvi…

Uno studio a due personaggi e voci

Queste strane creature c’erano davvero?
Con questa domanda, inizia un incubo che sembra non avere fine.
Di fatto, non le vediamo. E il sole non vedrà il domani! Macbeth le incontra nella sua mente.
Le sorelle fatali, come le chiama Shakespeare, sono le nostre ossessioni, i desideri nascosti e inconfessati, il lato più oscuro, gli atti criminosi immaginati, al cui solo pensiero sussultiamo. Le “streghe” sono forze che sfuggono al controllo della ragione, ma appartengono a questo mondo, dove viene più spesso lodato chi fa il male, e fare il bene è talvolta considerata una pericolosa follia. Sono un segno della follia collettiva che dilaga.Ne sentiamo le voci.
Voci che si camuffano per assumere di volta in volta ruoli diversi, con una fedeltà che dura quel momento e subito dopo viene rinnegata. Ci spingono con le loro parole a portare il prescelto in trionfo, come i cavalieri che annunciano a Macbeth il nuovo titolo con cui il re intende onorarlo, e a condurlo al supplizio, appena s’affaccia il suo declino; ad agire con gratuita crudeltà e indifferenza, al pari dei sicari che volgarmente ridono del sangue di Banquo rimasto sul loro viso; a commuoverci davanti alla morte, quando ciò non serve più a nulla, insieme ai nobili che gridano inorriditi per l’assassinio di Duncan o alle dame che piangono la fine della Lady. Non sono che parole. Maledette le parole, che dicono qualche verità per poi tradirla!
Macbeth sprofonda nell’incubo, giunge alla conoscenza del suo desiderio più segreto e più oscuro. Per poi affermare che meglio sarebbe non conoscere, oltre al suo atto, neppure se stesso. E continua a vivere nella paura del pensiero di ciò che ha fatto. Finché la foglia diventa arida.
Lady Macbeth lo guida, lo spinge, lo sostiene e tutto si carica addosso, per perdersi a un tratto, sola, con una macchia di sangue che non può cancellare dalla sua piccola mano, con un pericoloso e pesante ingombro sul cuore. Noi restiamo testimoni spaventati, tanto più che non riusciamo a resistere alla tentazione di identificarci con loro, di ritrovare una parte di noi stessi nel cuore oscuro e nell’orrore delle fantasie colpevoli dei protagonisti. Dire che non si è fatto niente che altri non avrebbero fatto, è divenuta più che mai un’espressione abituale, oggi. Ma… domani, e domani, e domani, il tempo ci divora. In fondo alla tragedia, non c’è alcuna redenzione. L’inferno è buio.

regia Massimo Greco
produzione Emisfero destro Teatro
con Antonio Rosti e Chiara Salvucci
adattamento Antonio Rosti
luci e fonica Vincenzo Vecchione
scene e grafica Chiara Salvucci
voci registrate Jacopo Greco, Chiara e Giulia Mesirca